Intervista esclusiva ad Alessandro Calori: "Inter e Juventus, fino all'ultimo per lo scudetto. Udinese sempre speciale. Maradona unico. Il mio rimpianto? Fu quando..."

Intervista esclusiva della nostra Redazione ad Alessandro Calori. Cresciuto nelle giovanili dell'Arezzo, esordisce da professionista nel 1985 con il Montevarchi in Serie C2. Dopo quattro anni in provincia aretina, approda al Pisa del patron Romeo Anconetani, ottenendo una promozione in massima serie nel 1990. Nell'anno successivo si trasferisce nelle file dell'Udinese, con la cui maglia totalizza oltre 250 presenze in Serie A, diventandone anche capitano. Egli resterà scolpito nell'almanacco del calcio italiano, in particolare, per la sua rete in Perugia-Juventus del 14 maggio 2000 che sconfisse i bianconeri e determinò le sorti di quel campionato, consentendo, di fatto, la vittoria dello scudetto alla Lazio.

Intervista esclusiva della nostra Redazione ad Alessandro Calori. L'ex difensore, nativo di Arezzo, ha rilasciato le proprie dichiarazioni circa vari temi che riguardano il calcio, dalle esperienze del suo passato da calciatore fino al campionato tuttora in corso, con osservazioni rivolte al duello tra Inter e Juventus per la vittoria dello scudetto. Non è mancato il proprio punto di vista sulle condizioni del calcio italiano, soprattutto per quanto concerne la crescita dei vivai. Ha svelato, inoltre, anche un'aneddoto che riguarda un sogno non avveratosi durante la propria carriera.

Alessandro, grazie per aver accettato l'invito della nostra Redazione.

Prima parte della carriera vissuta in Toscana. Le giovanili nell’Arezzo, primi anni in Serie C con il Montevarchi, l’approdo al Pisa di Romeo Anconetani nel campionato cadetto del 1989 e la promozione in Serie A nell'anno dei Mondiali in Italia. Quali ricordi ha Alessandro Calori di quella prima esperienza in massima serie, oltre che del patron del club pisano?

Ho ricordi bellissimi di quell'annata, non può essere altrimenti. Ero un giovane che sognava a occhi aperti, soprattutto di giocare in Serie A. Per fortuna, ebbi la grande soddisfazione di viverla con la maglia del Pisa. Fui cercato proprio da Anconetani, che credette subito in me. Poi, quella squadra era guidata da Mircea Lucescu, un bravissimo allenatore e un grande uomo. Ricordo pure Luca Giannini, un mister da cui ho imparato molto. Anche se quella squadra retrocesse, c'erano singoli che sarebbero diventati dei riferimenti importanti per il calcio italiano: Chamot, Ferrante, Simeone, Padovano, Piovanelli.

Il presidente era un grande conoscitore di calcio, in tutte le sfaccettature. Aveva una personalità davvero forte. Quando s'arrabbiava, non guardava in faccia a nessuno. Ho perso il conto delle volte in cui ci mandava tutti in ritiro a 'Villa delle Rose'. Era un rivoluzionario, ma anche una persona che si faceva voler bene da tutti, perché dietro quella sua esuberanza nascondeva un profilo umano di altissimo livello. Molti addetti ai lavori che operavano nel calcio di quei tempi si rivolgevano a lui per chiedere consigli, perché era uno schietto, vero, competente. Ci teneva tantissimo al Pisa e aveva sempre un'attenzione particolare per i giovani della squadra, come me all'epoca. È stato un grandissimo e non potrò mai dimenticarlo.

Otto anni vissuti a Udine, dalla stagione 1991/92 a quella 1998/99. Tanti compagni di squadra e diversi allenatori, tra cui Alberto Zaccheroni che portò l’Udinese in Coppa UEFA per la prima volta nella storia del club, grazie all'innovativo 3-4-3. Perché nacque proprio quel sistema di gioco e quali erano i punti di forza?

Tutto nacque in occasione della gara giocata contro la Juventus a Torino (13 aprile 1997, ndr), in cui riuscimmo a portare a casa una vittoria clamorosa. La squadra di Lippi era fortissima, aveva tanti campioni. Ricordo che dopo pochissimi minuti venne espulso un mio compagno di squadra, Régis Genaux, il quale si rivolse all'arbitro con parole che sarebbe meglio non ripetere. In quella situazione particolare, Zaccheroni scelse di togliere un centrocampista e aggiungere un difensore, creando un 3-4-2 con Bierhoff e Amoroso in avanti. Quasi per magia e con l'orgoglio ferito, venne fuori una prestazione perfetta.

Nella giornata successiva andammo a giocare in casa del Parma, altra squadra fortissima. Provammo dall'inizio il 3-4-3, con Paolo Poggi che si aggiunse al tridente d'attacco. Vincemmo due a zero. Da quel momento, il mister non cambiò più la disposizione in campo.

Il 3-4-3 consentiva grande risalto alla fase offensiva, ma anche a quella difensiva; occorreva essere bravi sia nei duelli che nell'attuare un elastico difensivo che, da capitano, avevo il dovere coordinare al meglio. Ci togliemmo delle grandi soddisfazioni, soprattutto nella stagione successiva (Serie A 1998/99, ndr) in cui arrivammo al terzo posto in classifica.

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Come valuta la stagione, fino a oggi, dell’attuale Udinese? Pensa che il club friulano potrà riconquistare posti utili per le competizioni europee? Inoltre, quali calciatori terrebbe in squadra, se fosse Alessandro Calori a poter scegliere?

Negli ultimi anni, l'Udinese sta lottando per mantenere la permanenza in Serie A. I risultati, per ora, le stanno dando ragione. La politica di questa società è sempre rimasta coerente con i propri obiettivi, perché è sempre stata brava nella ricerca di quei calciatori cosiddetti outsider, oltre che nel saper aspettare i tempi giusti per migliorarli su ogni aspetto. È una società speciale, diversa dalle altre. Il presidente Pozzo porta avanti la sua filosofia da sempre, fatta di semplicità e chiarezza. Resta un modello di riferimento anche per altri club. Ci vuole tempo per crescere e per valorizzare i calciatori, ma l'Udinese è sempre riuscita a fare bene, come sta facendo anche quest'anno, seppur con qualche sofferenza di troppo. Gli esempi sono davanti agli occhi di tutti: vedi Lovrić, Lucca, Payero, Pérez, Samardžić e altri ancora.

Nel 1999 va al Perugia di Luciano Gaucci, con allenatore Carlo Mazzone. Inevitabilmente, viene ricordato per quel Perugia-Juventus del 14 maggio 2000. Cosa significò la quella rete per Alessandro Calori e quali ricordi porta con sé?

Quel gol ha messo in secondo piano tutta la mia carriera che racchiude oltre seicento gare tra i professionisti. Resterà una sorta di etichetta personale, verrò ricordato per questo episodio, principalmente. Il destino ha voluto che fosse così, pazienza. È riduttivo per me, ma devo accettarlo. Sono trascorsi quasi ventiquattro anni, ma resta ancora un ricordo vivo, perché segnai alla squadra che divide i tifosi d'Italia in due schieramenti, si può dire. Non resterà mai un gol banale. I tifosi della Juventus presenti al 'Curi' rimasero tutti tramortiti, ma non poteva essere altrimenti. Era un clima quasi surreale. Tengo a ribadire che da piccolo il mio idolo era Gaetano Scirea, uno dei simboli che non tramonterà mai. Quando sei un professionista, però, la parola 'tifoso' scompare dalla testa e pensi soltanto alla squadra di cui fai parte. Quel giorno, ero il primo tifoso del Perugia.

Dopo Perugia, trascorse due anni al Brescia. Trovò ancora Carlo Mazzone, che allenava una squadra in cui c’era anche Roberto Baggio. Cosa hanno rappresentato entrambi per Alessandro Calori?

Quando arrivai a Brescia avevo 35 anni ed ebbi la fortuna di continuare con Mazzone che mi diede subito fiducia nel Perugia. Era un uomo amato da tutti, perché era un personaggio verace ma sempre leale, con chiunque. Con lui ho condiviso cose importanti in tre anni bellissimi. Roberto (Baggio, ndr) era il campione, semplicemente. Negli allenamenti faceva giocate spettacolari e le riusciva a mettere in pratica alla stessa maniera in campionato. Aveva la naturalezza del fuoriclasse, nonostante gli acciacchi fisici e i problemi alle ginocchia fossero spesso una costante. Era straordinario, anche come persona. Per me è stato un onore giocare insieme a lui. Era il simbolo di una squadra che ha fatto la storia, perché c'erano tanti campioni in quel gruppo, tra cui Guardiola, Hubner, Pirlo, Toni. Tutti avevano un trascorso prestigioso alle spalle e contribuirono a fare di quella squadra la più forte nella storia del Brescia, secondo me.

Alessandro Calori chiuse da calciatore nel 2004 con il Venezia in Serie B. Nel corso della carriera, quali sono stati gli avversari che hanno creato più difficoltà? Inoltre, quali ex compagni di squadra, tra tutti quelli conosciuti, ricorda particolarmente?

Sono stati tantissimi gli avversari forti che ho affrontato. Sicuramente, il più forte resta Diego Armando Maradona. Ho avuto la fortuna di vederlo giocare ed era unico, inimitabile. Volendo togliere lui, il primo posto lo riservo a Ronaldo (Ronaldo Luís Nazário de Lima, ndr). Lo ricordo ancora bene nel primo anno in cui arrivò all'Inter, era devastante. Da solo, metteva in difficoltà qualsiasi difesa avversaria. Azzardando un paragone con calciatori più recenti, si può dire che era un mix tra Lionel Messi e Cristiano Ronaldo. Aveva tutto: agilità, forza fisica, tecnica, velocità. Se non fosse stato per gli infortuni, avrebbe fatto parlare di sé ancora oggi. Oltre a lui, c'era anche Marco van Basten, altro calciatore straordinario dentro e fuori dal campo. Ricordo benissimo Gabriel Omar Batistuta, anch'egli una forza della natura. Ce ne sarebbero tantissimi altri, ma cito questi nomi perché sono stati coloro che, più di tutti, mi hanno reso la vita difficile in campo.

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Sono rimasto in ottimi rapporti con tanti ex compagni di squadra, ma con Oliver Bierhoff c'era un feeling particolare, un ragazzo molto intelligente, educatissimo, umile. Aveva tanta qualità anche in campo, non è un caso che diventò capocannoniere con ventisette goal (Serie A 1997/98, ndr). Con lui vissi tre anni splendidi a Udine".

Seconda parte della vita calcistica di Alessandro Calori nelle vesti di allenatore. La prima esperienza proprio nel Venezia come vice di Julio César Ribas, fino all’ultima panchina con la Primavera della Lazio nel 2022. In virtù dell'ultima esperienza, quali differenze sostanziali ha notato tra i settori giovanili dell’epoca in cui Lei è cresciuto e quelli attuali?

Nei vari settori giovanili italiani ci sono tantissimi ragazzi dal potenziale straordinario. Rispetto alla mia epoca, sono più avanti su diversi aspetti. Hanno un'intelligenza acuta, una forte velocità di pensiero, un'attenzione e una cura per i dettagli. Però, sono anche figli di un'epoca in cui la comunicazione nel gruppo non è più prioritaria. Per diventare più forti occorre vivere insieme agli altri compagni e dialogare. Non mi sento di dare tutta la colpa a questi ragazzi, perché dietro le loro vite ci sono altre figure del mondo del calcio che li educano a non potere aspettare. Può sembrare banale, ma il vero problema sta nella fretta che fa venir meno quel tempo indispensabile per farli maturare, specialmente sul profilo mentale. Il calciatore non deve essere tanto forte per le qualità atletiche e tecniche, quanto sulla formazione del proprio carattere.

Ci sono degli step che vanno necessariamente compiuti per la crescita di un giovane, ma vengono trascurati. Bisogna educarli alle difficoltà, alle pressioni, alle sofferenze, altrimenti in tanti rischiano di precludere la propria carriera con i primi ostacoli che trovano sul proprio percorso. C'è anche chi ha la fortuna di essere forte molto prima di arrivare a una certa età, ma sono in pochi. Il non saper aspettare resta un serio problema. Non a caso, proprio l'Udinese è una società modello che sa vedere oltre e che vive di questa cultura della crescita dei suoi allievi; sa dare fiducia e sa capire i tempi giusti in cui ciascun ragazzo è pronto per essere inserito in un contesto molto difficile, qual è il professionismo.

Passando ai giorni più recenti, proprio a Udine si è verificato un grave episodio di razzismo che ha visto protagonista Mike Maignan, portiere del Milan. Come si sarebbe comportato Alessandro Calori al suo posto? Quali misure adotterebbe?

Non saprei dire come mi sarei comportato, perché bisogna trovarsi coinvolti nella la situazione. Ciascuno può reagire a proprio modo. Maignan, in quel momento, ha sentito di lasciare il campo ed è stata una scelta condivisa, a quanto pare. Ha tutta la mia comprensione. Voglio, però, difendere l'immagine dell'Udinese e di tutti quei tifosi che si sono sempre comportati bene. Non bisogna mai generalizzare. Per colpa di qualche sconsiderato non può essere macchiata l'immagine di una società seria, oltre che di una città ospitale. A Udine ho vissuto per molto tempo e so quante brave persone ci sono. Infatti, chi di competenza ha subito individuato quei colpevoli che, giustamente, pagheranno.

Secondo Alessandro Calori, il supporto della tecnologia ha portato più benefici o più svantaggi, soprattutto nella gestione delle gare da parte degli arbitri?

Il VAR si è rivelato molto utile, perché sta aiutando gli arbitri a sbagliare il meno possibile. È accaduto in tantissime occasioni che l'arbitro in campo non riuscisse a vedere determinati episodi o vederli in maniera errata. Il problema sta sempre nell'uniformità di giudizio, in particolare per i falli di mano in area e quelli che restano a limite tra l'ammonizione e l'espulsione. Capisco che non è affatto facile valutare certe situazioni, ma gli arbitri sono chiamati a essere chiari e determinati per evitare di essere contestati. Sono cambiate anche diverse dinamiche del gioco, basti pensare a come i difensori devono saper correre mettendo le mani e le braccia dietro la schiena per evitare di commettere fallo. Occorre migliorare i criteri di valutazione per rendere le regole del gioco il più possibile oggettive.

Qual è la squadra dell'attuale Serie A si sta rivelando una lieta sorpresa e, soprattutto, quale resta la candidata per vincere lo scudetto?

Mi sta sorprendendo il Bologna. Mi sta piacendo molto, sta facendo un campionato sopra le righe. È una squadra che sa variare i ritmi in relazione all'avversario e ha consapevolezza delle proprie capacità. La squadra segue il pensiero del proprio allenatore. Direi che Thiago Motta ha molti meriti, se i risultati ottenuti sono quelli che ottenuti finora.

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Credo che la lotta per lo scudetto sia fino all'ultimo tra Inter e Juventus, sono le squadre che hanno un qualcosa in più. L'Inter è diventata matura, fa del collettivo la propria forza e ha ottimi calciatori anche tra le quelli in riserva. Lautaro Martínez è fortissimo ed è un leader, ma è tutta la rosa a essere completa. Simone Inzaghi è cresciuto ulteriormente come allenatore ed è diventato una guida sicura per questo gruppo.

La Juventus sta facendo un grandissimo campionato che, forse, in tanti non si aspettavano. Massimiliano Allegri sta compiendo un capolavoro e si sta mostrando molto coraggioso nel dare fiducia a tanti giovani. Non è un caso che ha attinto forze importanti dalla formazione Under 23 della Juventus, tra cui Yildiz e Soulè che mi piacciono tantissimo, oltre a Fagioli. La politica dei giovani è un altro grande punto di forza della Juventus.

Per quanto riguarda la salvezza, sono coinvolte tutte quelle squadre che, attualmente, sono al di sotto dei 25 punti. Anche per la Salernitana nulla è precluso, tutt'altro; mancano ancora tante partite, seppure ci sia la forte consapevolezza che occorre correre molto più degli altri per accorciare la classifica. I momenti di difficoltà possono trasformarsi in forza per reagire. Tutto resta ancora apertissimo e sarà una lotta fino all'ultima giornata.

Quali allenatori, in Italia e nel resto del Mondo, ritiene siano un modello da seguire? Alessandro Calori si ispira a qualcuno di essi?

Ci sono tanti allenatori bravi e preparati, che sanno bilanciare risultati e qualità del gioco. Mi viene in mente Roberto De Zerbi, sta facendo cose straordinarie al Brighton; anche Vincenzo Italiano sta facendo benissimo, sta portando la Fiorentina a livelli molto alti che mancavano da tempo. C'è Gian Piero Gasperini, un allenatore che ha grande carisma e sa trasmettere le sue idee ai propri calciatori, oltre che valorizzare il singolo; ci mette grinta e passione nel lavoro che fa.

L'Atalanta è stata straordinaria ad affidarsi a lui e ha raggiunto risultati da record. Tutti gli allenatori che riescono a sedere su una panchina in Serie A sono preparati, non si arriva a quei livelli per puro caso. Vincere è importante nel calcio, perché è l'elemento che dà linfa al lavoro di un allenatore e a quello di una squadra, ma per ottenere un risultato che porti ad alti livelli ci sono tanti aspetti, a cominciare dalla qualità dei calciatori di cui si dispone. Tanti allenatori sono bravi, pur non riuscendo a vincere spesso. L'importante è credere in ciò che si fa e mantenere l'umiltà, mettendosi sempre in discussione. Un allenatore non deve mai copiare da un altro collega, ma per migliorarsi è sempre necessario il confronto per tenersi aggiornati e trovare nuove soluzioni.

Ho avuto vari allenatori, tra cui Bigon, Vicini, Galeone, Guidolin, lo stesso Lucescu al Pisa. Tutti erano bravissimi nel saper migliorare le individualità su ogni aspetto, prima di saper creare il collettivo. Personalmente, ho seguito il lavoro che ha compiuto Roger Schmidt al Salisburgo e quello del mio ex compagno di squadra Pep Guardiola, quando era al Bayern Monaco. Sono i sistemi di gioco ad adattarsi alle caratteristiche dei calciatori, mai il contrario.

Ha avuto dei rimpianti nella vita di calciatore? Quali obiettivi personali Alessandro Calori si pone per il proprio futuro?

Sì, un rimpianto c'è stato. Ero ancora all'Udinese, in uno degli ultimi anni della mia esperienza. Mi fu proposto un contratto dagli scozzesi del Celtic. Aspettavano soltanto che lo firmassi. Rimasi combattuto fino all'ultimo istante, perché a Udine mi trovavo benissimo. Rifiutai piuttosto a malincuore, perché mi sarebbe piaciuto vivere un'esperienza nel calcio estero, mi avrebbe di certo arricchito come calciatore e creato nuove opportunità.

Per quanto riguarda il mio futuro, spero di poter allenare una squadra in Serie A. Ho ricevuto alcune proposte di recente, ma non ero convinto del progetto. La voglia di tornare ad allenare è tanta, anche se sono convinto che devono esserci le giuste condizioni per lavorare bene. Spero che arrivi l'occasione propizia, staremo a vedere.

Alessandro, è stato gentilissimo. La ringraziamo per questa intervista e ci auguriamo di poterLa risentire, prossimamente.

Grazie a Voi, alla prossima.