In Italia le sue qualità erano state apprezzate prima di tutti. Psg compreso. Era l’estate del 2014 e poi del 2015 e Adrien Rabiot era diventato uno di quei giocatori dei quali pareva non si potesse fare senza, un indispensabile per mezza Serie A pur avendo alle spalle più buona stampa che partite, con club o nazionali giovanili. Inter e Napoli, ma soprattutto Roma e Juventus, lo misero nel mirino fino quasi a concludere l’affare: a un passo dalla firma andarono i giallorossi, su intuizione di Walter Sabatini, ma la madre agente del calciatore fece saltare tutto.
Buon per il Psg, che oggi si gode uno dei pochi francesi di una squadra multietnica e obbligata a vincere, ma, un po’ a sorpresa, è stato lo stesso giocatore a svelare un pizzico di delusione per il mancato approdo in Italia: “Consideravo che la Roma fosse la squadra ideale per crescere, imparando anche da giocatori importanti come Francesco Totti che è stato un esempio per tutto il mondo del calcio – ha detto Rabiot a ‘La Gazzetta dello Sport’ – La Roma mi avrebbe permesso poi di fare un ulteriore salto di qualità, magari in un club più grande e poi il calcio italiano sta tornando competitivo. Ma è andata diversamente e sono felice di essere rimasto“.
Era, quella, la Roma di Rudi Garcia, che qualche tempo dopo sarebbe passata nelle mani di Luciano Spalletti. Il 4-3-3 dell’attuale allenatore del Marsiglia, che avrebbe ovviamente avuto anche facilitazioni linguistiche con Rabiot, avrebbe forse richiesto qualche tempo per ambientarsi a livello di movimenti e contributo alla fase difensiva, indispensabile in Serie A, mentre meno semplice sarebbe stato l’inserimento nel 4-2-3-1 spallettiano, peraltro lo schema utilizzato ora dal Psg. Il centrocampo a tre avrebbe allora esaltato le caratteristiche da centrocampista moderno di cui è in possesso Adrien, che non ha esitato a definirsi “una mezzala. In campo studio e imparo dai miei compagni di reparto Thiago Motta e Verratti, che hanno caratteristiche differenti da me“. Vero: più statico e metodista il primo, più fantasioso il secondo, più letale negli inserimenti Adrien”.
Mai dire mai, comunque, perché pur considerando Steven Gerrard come il proprio modello, il nazionale francese non sembra deciso a giurare amore eterno al Paris: “In carriera a un certo punto spero di poter vivere qualche esperienza diversa, ma per il momento sto bene qui”. Un po’ come l’altro idolo, Zinedine Zidane, uno che ha legato il proprio nome a due top club europei, vincendo a livello internazionale con Juventus e Real Madrid.
La Champions, però, ZZ l’ha vinta solo in Spagna, decidendo la finale del 2002 contro il Byaer Leverkusen grazie a una propria magia, mentre l’ovvio sogno di Rabiot è quello di essere uno dei pochi francesi ad alzare il trofeo con un club del proprio paese, impresa riuscita al momento solo a un manipolo di giocatori all’Olympique Marsiglia del 1993: “La Champions è un obiettivo – ha concluso Rabiot – Siamo forti e lo sappiamo, ma lo sono tante altre squadre e penso alla Juventus, che ha fatto due finali in tre anni e forse ha quella mentalità di cui noi non siamo ancora in possesso”. Alla fine il pensiero va sempre all’Italia…