Emiliano Tozzi partecipa a Sport Frame 2025 con l'articolo "Un ponte polacco (Da Montreal a Le Mans)"

Emiliano Tozzi é uno dei partecipanti di "Sport Frame 2025", l'iniziativa volta a decretare l'articolo sul momento sportivo piú emozionante di questa annata sportiva. Scopriamo insieme chi é Emiliano e il pezzo che candida per challenge di scrittura.

Emiliano Tozzi é giornalista, scrittore ed editor nato a Faenza (Ra) nel maggio del 1973. Dopo un’esperienza nel 2016 con il sito specializzato “FormulaPassion”, è stato artefice del blog di automobilismo sportivo “Sinfonia Motore (la voce dell’asfalto)” online da marzo 2017 a marzo 2024. Ha debuttato nel 2018 col titolo "Quel giorno a Le Mans" (341.3) (Pacini Editore). Con il libro “Chris Amon - La sfortuna non esiste” (prefazione di Leo Turrini, aprile 2022 Minerva Edizioni) è risultato vincitore del premio “Selezione Bancarella Sport 2023”.  
Dal 2024, Tozzi svolge per Minerva Edizioni il ruolo di direttore della collana ”FLAT OUT”, con pubblicazioni inerenti il mondo delle due e quattro ruote da corsa. Dal 2021, collabora in qualità di giornalista pubblicista col giornale “Diogene” di Forlì. Emiliano partecipa a "Sport Frame 2025" con un articolo dedicato alla 24 Ore di Le Mans, dal titolo "Un ponte polacco (da Montreal a Le Mans)".


"Un ponte polacco (Da Montreal a Le Mans)"

Roberto Kubica

Una vittoria così non la dimenticherà nessuno. La terza di fila a Le Mans, il Trofeo della Sarthe che prende definitivamente la via di Maranello. La prima vittoria di un pilota cinese alla 24 Ore, la prima di un conducente polacco alla guida di una vettura privata, praticamente con una mano sola, la sinistra. Epica da asfalto, per un Dio delle corse che con Kubica non è mai stato tenero. Una storia simile, una favola delle velocità così intensa e possente non puoi non emozionare, di fronte a una 24 Ore corsa a ritmi da qualifica in F1.

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Tre vittorie in tre anni, con tre differenti 499P e relativi equipaggi. Fino ad arrivare alla “giallona” condotta da Kubica, Ye ed Hanson. "Cosa volete che vi dica" (cit). Quando succedono queste cose, ti viene da pensare che il destino esista per forza. Vincere a Le Mans il giorno in cui si corre proprio il Gran Premio del Canada. Dove Robert nel 2007 sbriciolò la sua Sauber Bmw contro i muretti del “Gilles Villenuve”, la stessa domenica in cui Hamilton vinse il suo primo di centocinque Gp in F1. L’anno dopo, stesso luogo e stessa ora. Robert torna qui, e ottiene proprio a Montreal la sua unica (purtroppo) vittoria nel Circus.

Bello bellissimo, anzi no. Doveva venire in Ferrari, fare coppia con Alonso. Non so quante volte sia stato raccontato, perso nelle pieghe di una memoria contrattuale sempre più labile. Invece Kubica, va a sbrindellarsi il braccio destro nel rally Ronda ad Andora. Vorrebbero amputarglielo, ma si giunge a più lieta soluzione. In Ferrari arriva così molto più tardi, nel 2024 guidando una 499P nel WEC, dopo aver perso quattro anni fa un’altra Le Mans in Lmp2 (sempre col “cinesino” Ye come compagno di squadra). La macchina ammutolisce al penultimo giro, esattamente allo scadere delle 24 ore. No Power. Da Toyota qualunque. Perché su Robert una certa idea prende corpo rapidamente. Per vincere una corsa deve prima soffrire, patire, magari senza morire. Fino a trovare un crocevia. Un ponte che lo conduca beatamente verso la salvifica condizione del Paradiso delle Corse, per un Dio altrettanto attrezzato ad accogliere le idee di velocità universale dei propri figli.

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Un ponte. Possibilmente polacco. Come l’avesse fatto costruire quel Papa, anch’egli di Cracovia, che chiedeva di farsi “corriggere” dal balcone di San Pietro. A unire le due rive dello stesso fiume da corsa che ha atteso 17 anni, prima di poter tornare liberamente a scorrere. Il trofeo della 24 Ore che prende definitivamente la via di Maranello, come fu per quello del Centenario due anni fa. Una Ferrari dominante in entrambe le classifiche di Campionato. Inutile nascondersi. Nel Wec il Cavallino è squadra che vince e convince in maniera pressoché dominante, con 4 vittorie su 4 nel Campionato 2025, arricchite dal “triplete “ in Qatar e la doppietta nella 6 Ore di Spa. Cose. Emozioni che la F1 vestita di Rosso sembra aver dimenticato da tempo, troppo, dando nuovo asilo a chi dal Circus è stato da tempo esiliato (Giovinazzi, Fuoco e Calado) e chi non vi ha mai messo piede (Pier Guidi, Ye).

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E poi la storia bellissima di un pilota polacco. Un moderno cavaliere del rischio tornato a vincere a Le Mans. Che non è Papa, ma viene sempre da Cracovia. Tanto che riportare sopra al casco il nome di Giovanni Paolo II alla sua morte è praticamente un atto dovuto. Wojtyla ricambierà il favore postumo, nel momento in cui una sua reliquia sarà fatta pervenire al pilota polacco dal cardinale Dziwisz, durante la sua degenza all’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure. Proprio quando, per Robert, il peggio sembrava poter prendere il sopravvento sulla propria vita terrena. Patire le pene dell’inferno, e poi raggiungere vivente, il Paradiso dei vincitori.

Qui.
Ancora su questa Terra.

Com’era Rossa la mia Ferrari.
No.
Com’era Gialla la mia Ferrari.

Da Montreal a Le Mans.
Passando per Robert.