È colpa degli stranieri in Serie A se la nostra nazionale non vince più?

stranieri in Serie A

Un tormentone che torna quasi costantemente nei dibattiti che gravitano intorno al mondo del calcio è quello relativo alla presenza dei giocatori stranieri nella Serie A. Questi, secondo la maggioranza delle voci, sarebbero una delle cause degli scarsi risultati raggiunti dalla nostra nazionale nelle ultime competizioni. Noi di SuperNews abbiamo allora deciso di verificare se effettivamente in Serie A ci siano "troppi" giocatori stranieri e se questi incidano sulla scarsa valorizzazione dei giovani talenti italiani, causa poi di una nazionale non all'altezza.

L'obiettivo di questo lavoro sarà dunque quello di calcolare il numero di calciatori stranieri presenti nei maggiori campionati europei (Serie A, La Liga, Ligue 1, Premier League e Bundesliga), confrontarli e poi osservare se questi abbiano inciso concretamente con i risultati delle rispettive nazionali.

Per quanto riguarda la rilevazione dei dati abbiamo raccolto il numero di giocatori stranieri in ogni squadra (numero assoluto ed in percentuale) in base alle informazioni fornite da transfermarkt.it e poi l'abbiamo equiparato ai risultati raggiunti sia dai top club (i primi 5), sia dalle nazionali. Per la definizione di straniero, invece, abbiamo tenuto in considerazione la cittadinanza dei giocatori, ovvero il primo requisito per essere convocato in nazionale.

Dall'analisi dei cinque maggiori campionati europei emerge, innanzitutto, che quello che ha il maggior numero di stranieri è la Premier League. Il campionato inglese ha infatti ben il 67,10% di stranieri nelle 20 squadre che lo compongono. All'ultimo posto di questa classifica troviamo invece La Liga spagnola, con il 39% di giocatori stranieri. In mezzo si piazzano dunque la Ligue 1, la Serie A e la Bundesliga, rispettivamente con il 45%, il 52% ed il 52,28% di calciatori stranieri.

Guardando la classifica al contrario avremo chiaramente i campionati che hanno mediamente il maggior numero di giocatori con la cittadinanza di quel paese. In ordine: La Liga, Ligue 1, Serie A, Bundesliga e Premier League.

Quanto influiscono gli stranieri in Serie A sui risultati dei club

Ora che abbiamo un'ottica generale sui campionati possiamo osservare in quali casi i giocatori stranieri influiscono sui risultati dei singoli club. Prenderemo dunque le squadre che hanno raggiunto le prime quattro posizioni nell'ultima stagione 2018-2019.

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In Italia abbiamo al primo posto la Juventus con il 62% di giocatori stranieri, il Napoli con il 61%, l'Atalanta con il 50% e l'Inter con il 62%. Per la Serie A possiamo dunque affermare una media che si attesta sul 58%, con i bergamaschi che abbassano la media delle tre big del nostro calcio.
In Inghilterra svetta il City, vincitore della Premier League, che ha l'84% dei suoi giocatori stranieri, mentre seguono Liverpool (70%), Chelsea (77%) e Tottenham (66%).

In Francia spiccano le prime due squadre della classifica per la loro percentuale di giocatori stranieri molto più alta rispetto alla media del campionato. In Ligue 1 il PSG ha il 66% dei giocatori stranieri, il Lilla il 69% e poi le cifre scendono di molto con il Lione che ha il 55% dei giocatori stranieri nella propria rosa ed il Sant Etienne solamente il 33%.
La Liga spagnola presenta una situazione tutto sommato simile a quella francese. Il Barcellona, che ha vinto il campionato, ha una rosa il cui 72% è composto da giocatori stranieri, quasi il doppio rispetto alla media dell'intero campionato. Anche Atletico Madrid e Real Madrid si attestano al 64% ed al 65%, mentre al quarto posto, occupato dal Valencia, troviamo solamente il 48%.
Infine la Germania, dove la Bundesliga presenta un'altra situazione particolare. Il Bayern Monaco, che ha vinto il campionato, ha il 47% dei propri giocatori stranieri, meno della metà e meno della media dell'intera competizione. Al secondo posto c'è il Borussia, che si attesta sulla media complessiva con il 52% dei propri giocatori stranieri, poi il Lipsia con il 74% ed il Leverkusen con il 60%.

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Complessivamente, dunque, possiamo affermare che le squadre che raggiungono i primi posti in classifica sono quelle che hanno il maggior numero di stranieri in squadra rispetto alle altre squadre del campionato. Diminuendo la posizione in classifica, infatti, diminuisce proporzionalmente anche il numero di stranieri in squadra. Eccezion fatta per la Premier League, che presenta un caso a parte dato che tutte le squadre dopo la terza posizione oscillano non di molto lontane rispetto alla media stranieri in rosa dei top club. Negli altri campionati, invece, le compagini che arrivano in basso hanno un numero inferiore di stranieri in squadra rispetto alla media dell'intero campionato.

Gli stranieri in Serie A influiscono sui risultati della nostra Nazionale?

Possiamo ora analizzare in che modo i giocatori stranieri all'interno dei campionati influiscono con i risultati della nazionale di quel Paese. Cerchiamo dunque di rispondere all'annosa questione relativa al legame, ipotizzato, tra numero di stranieri nel campionato maggiore e risultati della nazionale.

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In Italia, in particolare, sono due gli episodi che hanno portato al centro delle attenzioni di tutti i tifosi questa tematica. Il primo risale al 23 aprile del 2016, quando si giocò Inter Udinese: in quell'occasione, per la prima volta in assoluto, in campo scesero come titolari 22 giocatori stranieri senza neanche un italiano. Il secondo caso riguarda invece la mancata qualificazione della nostra nazionale ai Mondiali del 2018, in cui furono in molti a dare la colpa ai calciatori stranieri.

stranieri in Serie A

fonte: ANSA

Innanzitutto è bene osservare il confronto tra la Serie A ed il campionato cadetto. Paradossalmente in Serie B ci sono complessivamente solo il 24,53% di giocatori stranieri, per cui il 76% circa di italiani. Un dato che risalta ancor di più se messo a confronto con l'equivalente competizione inglese, la Championship, dove i giocatori stranieri sono persino la metà dell'intero pacchetto giocatori della lega.

Altro dato interessante è l'età media della nostra Serie B, che si attesta a 25,8 anni. Questo significa in sostanza che nel campionato cadetto c'è una sorta di gigante vivaio su cui però le squadre maggiori non investono, preferendo invece spendere i loro soldi all'estero per futuri prospetti stranieri oppure su giocatori già pronti e che di certo non spiccano per la giovane età.

Se è dunque l'esperienza a fare la differenza, confrontiamo l'età media delle nazionali sia nelle competizioni in cui hanno raggiunto risultati positivi sia quelle in cui ciò non è avvenuto. In questa analisi terremo conto dell'età dell'intera rosa.

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Il primo caso è quello della Francia, che nei due ultimi tornei, Europei 2016 e Mondiali 2018, è riuscita in un miglioramento notevole. Nel 2016, infatti, raggiunse la finale per poi perderla contro il Portogallo con un'età media della squadra di 26,3 anni, mentre nel 2018, anno in cui ha vinto il Mondiale, l'età media della rosa era di 24,8 anni.
Situazione simile per la Germania del 2014 che vinse il mondiale e si impose con prestazioni come il 7 a 1 sul Brasile in semifinale. Quell'anno l'età media della rosa era di 24 anni, mentre lo scorso anno, quando non raggiunse nemmeno la fase ad eliminazione diretta in Russia, l'età media era di 25,8 anni.
Anche l'Inghilterra, che dopo anni di insuccessi è riuscita a raggiungere le semifinali a Russia 2018, aveva una rosa abbastanza giovane con una media di 25 anni.

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Sì, ma l'Italia? La nostra nazionale alle ultime Qualificazioni Mondiali si è presentata con una rosa la cui età media si attestava sui 26 anni, mentre all'ultimo risultato considerevole raggiunto, ovvero i Mondiali vinti nel 2006, era di ben 27 anni. Ad Euro 2016 invece avevamo una rosa con età media di 26,5.

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Da questa analisi emerge un quadro del calcio italiano a dir poco allarmante. Negli altri paesi quando termina un ciclo di vittorie si apportano investimenti strutturali all'intero sistema calcistico nazionale, volti alla ricerca ed allo sviluppo dei giovani talenti di casa. A tal proposito basta guardare la Francia del 2018 o la Germania del 2014, che hanno unito giocatori di esperienza a giovanissimi talenti che avevano però militato in squadre dal respiro internazionale. Tali risultati non sono ovviamente casuali, ma frutto di un progetto a lungo termine elaborato da federazioni e società lungimiranti.

Nel nostro Paese, invece, da Germania 2006, in cui comunque la squadra era formata da grandi talenti nonostante l'età, non sono state evidentemente gettate le basi per un tale obiettivo. Ciò porta dunque le nostre migliori squadre di club a spendere soldi su calciatori stranieri più o meno già confermati, mentre la maggioranza dei giocatori italiani più giovani non ha alcuna esperienza al di fuori dell'Italia oppure nei top club ai vertici della classifica. Piuttosto vengono spediti in campionati minori come la Serie B.

Dare quindi la colpa ai calciatori stranieri è errato, oltre che troppo facile. La vera causa dei fallimenti della nostra nazionale è quindi da ricercare nella federazione, nelle società e nella mancanza complessiva di saper guardare oltre il proprio naso.