Calcio alle Olimpiadi: Europa vs Sud America, il duello infinito. Come (e perché) è cambiato tutto dal 1984
Il torneo olimpico di calcio a Parigi 2024 ha visto il trionfo della Spagna, che ha rovinato la festa annunciata dei padroni di casa. Per la prima volta dal 1992 nessuna sudamericana ha chiuso tra le prime quattro. Qual è l'eccezione e quale la regola? Uno studio storico-sportivo per capirne di più
Nessun anno è uguale a un altro. Nella vita, come nello sport. La prova l’ha data il calcio italiano, che ad Euro 2024 non è riuscito a rinnovare la magia e l'impresa di tre anni fa. Le cose sono andate meglio ai Giochi di Parigi. In molti sport, ma non nel calcio. Tanto al maschile, quanto al femminile, infatti, le nazionali hanno mancato ancora una volta l’appuntamento con i Cinque Cerchi. I ragazzi per la quarta edizione consecutiva, come mai era successo prima, mentre le donne sono ancora in attesa di debuttare.
Non che ci sia troppo da stupirsi, perché nel nostro Speciale di luglio avevamo evidenziato quanto il nostro movimento fatichi a valorizzare per davvero i giovani. E siccome alle Olimpiadi, almeno in campo maschile, possono qualificarsi proprio le Under 21, che a livello mondiale diventano Under 23, il gioco (appunto) è fatto. Almeno qui, però, il movimento italico è in buona compagnia a livello europeo. Il seguente studio dimostra infatti quanto (poco) il torneo olimpico interessi davvero alle nazionali europee.
Il tutto al netto del trionfo a Parigi 2024 della Spagna sulla Francia. La Roja ha riportato il titolo in Europa a 32 anni dall'ultimo successo, centrato proprio dagli iberici nel 1992 a Barcellona. L’edizione appena conclusa rappresenta però la classica eccezione che conferma la regola (recente). Perché? Partiamo dalle cause, o almeno da quella più importante.
1984, Odissea ai Giochi: l'anno che segnò la svolta
C’era un’epoca nella quale il calcio e le Olimpiadi erano un tutt’uno. Sempre presente ai Giochi eccetto che nel 1896 e nel 1932, il torneo calcistico ha rappresentato fino alla Seconda Guerra Mondiale un vero e proprio Mondiale in miniatura. Seppur con la partecipazione limitata ai soli calciatori dilettanti. La svolta arrivò nel 1984, anno nel quale il CIO decise di ammettere al torneo giocatori professionisti, a patto che non avessero mai partecipato ad un Mondiale. Fino a quell’anno la regola del dilettantismo avvantaggiò i paesi del blocco orientale, i cui atleti risultavano dilettanti in quanto ufficialmente dipendenti statali. Un espediente che permise a molte nazionali di presentarsi di fatto con le nazionali maggiori. Il compromesso fu comunque di breve durata, se è vero che al 1996 risale la regola in vigore tutt’oggi che prevede la partecipazione di nazionali Under 23 con tre fuoriquota.
Una novità subito accolta con entusiasmo dai paesi sudamericani. Bebeto nel 1996, addirittura da campione del mondo in carica, e Ivan Zamorano nel 2000 furono le prime stelle "over" di Olimpia, seppur entrambi nella parte conclusiva della carriera. Lo stesso sogno cullato a lungo da Kylian Mbappé, che si è però visto negare il permesso di partecipare a Parigi 2024 da capitano e leader della nazionale di casa dal Real Madrid che lo aveva appena messo sotto contratto. Del resto, e la chiave è proprio qui. Il torneo olimpico non fa parte del calendario Fifa. Pertanto, a differenza di quanto accade per Europei e Mondiali, i club hanno la facoltà di non concedere i propri tesserati alle nazionali. È la legge del professionismo, che non ammette deroghe e che differenzia il calcio da diversi altri sport, per i quali quello olimpico è l’appuntamento della vita. Nel football, invece, il giro d’affari non può essere paragonato a quelli di discipline che trovano proprio nei Giochi una vetrina irrinunciabile..
Sud America, quando l'Olimpiade diventa una risorsa
Che il 1984 sia stato l’anno di svolta nel rapporto (conflittuale) tra il calcio e i Giochi lo si nota semplicemente scorrendo l’albo d’oro. A Los Angeles, infatti, il Brasile raggiunse la sua prima finale e al di là della sconfitta, bissata poi nel 1988, fu quell’”evento” a segnare la fine dello strapotere europeo alle Olimpiadi. Da quell'anno, e fino al 2024, almeno un'extra-europea è sempre arrivata tra le prime quattro.
Finaliste torneo calcio Olimpiadi | Fino al 1980 | Dal 1984 |
---|---|---|
Europa | 27 | 9 |
America/Sud America | 3 | 10 |
Africa | 0 | 3 |
Come si vede, nell'arco di otto lustri i rapporti di forza tra Europa e America si sono pareggiati. Numeri che parlano da soli, ma ciò che manca di spiegare è perché dall’altra parte del mondo l’attenzione per i Giochi sia radicalmente diversa. Oltre che un attaccamento alla propria patria notoriamente superiore, la causa è individuabile nella forbice economica sempre più larga tra il movimento europeo e quello sudamericano. Mentre infatti i club del Vecchio Continente diventavano sempre più ricchi, quelli di Argentina e Brasile, per non parlare dell’Africa, non potevano più permettersi di trattenere i propri giovani talenti che si mettevano in luce in campionato. Quale miglior occasione, allora, di concedere loro di disputare l’Olimpiade, che dal 1984 in avanti è diventato un vero e proprio Mondiale giovanile? Una vetrina duplice, quindi. Per i club per fare cassa e per i giocatori che attraverso il più sottovalutato dei tornei internazionali possono sperare di far svoltare la propria carriera. Da una parte le nazionali europee senza i big, o comunque i giovani più forti. Dall’altro le sudamericane che si presentano con le formazioni migliori e spesso anche con fuoriquota strappati ai top club dell’Europa. La tabella che segue è quindi solo una didascalia di tutto ciò.
Prime 4 torneo olimpico calcio | Fino al 1980 | Dal 1984 |
---|---|---|
Europa | 51 | 16 |
America/Sud America | 5 | 16 |
Africa | 2 | 7 |
Asia | 2 | 4 |
La globalizzazione del calcio si è quindi fatta sentire eccome anche nel torneo olimpico, se è vero che in 40 anni il movimento europeo ha visto ridursi di un terzo il numero delle formazioni in grado di raggiungere le semifinali a Cinque Cerchi, a vantaggio di una crescita proporzionale per tutti gli altri continenti: il triplo per America e Africa, il doppio per l'Asia, alla quale va aggiunto il quarto posto dell'Australia a Barcellona '92.
Calciatori e Olimpiadi: da stelle all'anonimato. L'eccezione Romario
L’ultimo corollario del nostro assunto non può che riguardare i giocatori. Quanti e quali sono stati coloro che devono davvero ringraziare le Olimpiadi per essersi fatti notare a livello internazionale? Cominciamo con il dire che anche in questo caso dal 1984 in avanti il riequilibrio tra Europa e Sud America è stato evidente in fatto di capocannonieri del torneo, che nell'edizione 2024 ha segnato la prima, storica volta dell'Africa grazie al marocchino Soufiane Rahimi.
Capocannonieri torneo olimpico | Fino al 1980 | Dal 1984 |
---|---|---|
Europa | 22 | 7 |
America/Sud America | 14 | 7 |
Asia | 0 | 0 |
Ben pochi, tuttavia, sono stati i calciatori che grazie alle Olimpiadi sono riusciti a dare una svolta alla propria carriera. Buona parte di coloro che hanno concluso il torneo da migliori marcatori o comunque da rivelazioni sono infatti stati in grado di mantenere le aspettative create. Si pensi al francese Daniel Xuereb, bomber della Francia campione nel 1984, ma mai esploso. Simile la carriera del polacco Andrzej Juskowiak, star dell’edizione 1992 al pari di Leandro Damiao, brasiliano argento e miglior marcatore a Londra 2012, ma rimasto eterna promessa. In questa stessa edizione provò a mettersi in luce Sadio Mané, che sarebbe poi stato destinato a una carriera di successi con il Liverpool, ma che non lasciò il segno ai Giochi con il suo Senegal.
Vere e proprie meteore olimpiche sono state invece il giapponese Kensuke Nagai, sempre a Londra 2012 e soprattutto l’argentino Mauro Rosales, che esplose ad Atene 2004 laureandosi campione con la sua Argentina, ma rimasto poi nelle retrovie calcistiche. Le eccezioni ovviamente non mancano neppure in questo caso, tutte in salsa sudamericana. e tutte piuttosto datate. Detto di Bebeto e Zamorano, bomber scelti nelle edizioni 1996 e 2000 come fuoriquota, il primo decise di andare ai Giochi due anni dopo aver vinto il Mondiale con la Seleçao formando la mitica coppia con Romario. E proprio quest’ultimo ai Giochi deve tanto, essendosi messo in luce a 22 anni a suon di gol nel 1988 a Seoul e meritandosi la chiamata del PSV Eindhoven, da dove decollò una carriera leggendaria. La classica ed ulteriore eccezione.
Verso Los Angeles 2028: le speranze azzurre e il modello Spagna
Chissà se tra quattro anni a Los Angeles, due anni dopo il secondo Mondiale americano della storia, assisteremo ad un’altra storia. Difficile crederlo, perché il calcio e lo spirito olimpico, o quel che ne rimane, sembrano destinati a viaggiare su binari sempre più paralleli. L’esempio fornito a Parigi dalla Spagna in tal senso può essere fuorviante. I successi della Roja a vari livelli nell’estate 2024, dall’Euro maggiore all’Under 19, non rappresentano infatti altro che il frutto di un lavoro capillare a livello giovanile, con club e Federazione a lavorare in simbiosi, senza ostacolarsi e senza snobbare presunti tornei “minori”. Quanto meno si può sperare che ai Giochi della XXXIV Olimpiade l’Italia del calcio, al maschile come al femminile, sia presente per provare a sfruttare una vetrina che magari non farà svoltare la carriera, ma resta un'esperienza unica.