Intervista esclusiva a Fabio Lupo: "Dionisi l'uomo giusto per il Palermo. Sono ancora legato al Torino. Bari verso un anno di transizione. Ancona? A Guerini ho detto..."
A pochi giorni dall'inizio dei campionati, la redazione ha raggiunto l'esperto ex giocatore del Bari, oggi affermato direttore sportivo, con un passato con Torino e Ascoli, tra le altre. Le sue riflessioni a 360°, con un pensiero speciale per la "sua" Ancona, reduce dall'ennesimo fallimento della storia recente e ripartita da due amate bandiere
Messe alle spalle anche le Olimpiadi, l’intensa estate degli appassionati di sport volge al termine. Non si direbbe a livello… climatico, ma archiviati Euro 2024 e Giochi è subito tempo di tornare a concentrarsi sul calcio. I campionati di Serie A, B e, per una volta senza rinvii, anche C sono alle porte e come ormai è abitudine le prime giornate si disputeranno a mercato aperto. Chissà se i primi risultati che contano sbloccheranno l’impasse che da settimane caratterizza le trattative. La nostra redazione lo ha chiesto a Fabio Lupo. Un’occasione per chiedere all’ex giocatore, ora direttore sportivo di successo, un qualificato parere sulle tante squadre nelle quali ha militato da giocatore e da direttore, dal Bari all’Ancona fino al Torino.
Buongiorno Fabio e grazie per la disponibilità. Il mercato estivo 2024 ha finora regalato pochi sussulti, in particolare in Serie B dove le trattative sono condizionate dallo stallo sui diritti tv e dal calo degli introiti dalla mutualità. Da esperto pensi si vada verso una stagione nella quale a dominare saranno le società che possono permettersi di spendere, come Palermo, Cremonese, Sassuolo e Sampdoria? O le gerarchie saranno chiare solo a mercato finito e le sorprese sono sempre possibili?
Storicamente il campionato di Serie B ha sempre fatto registrare delle sorprese, quindi dobbiamo aspettarcele anche quest’anno. È pur vero che per i motivi che hai citato il mercato finora ha visto le big come squadre più attive. Un quadro più preciso lo avremo a fine agosto, ma Cremonese e Palermo, oltre al Sassuolo, partivano già da una buona base, quindi possiamo immaginarle tra le protagoniste assolute anche alla luce dei ritocchi apportati. Le sorprese comunque sono sempre in agguato.
La tua carriera da dirigente è stata caratterizzata da esperienze con presidenti molto “particolari” come Zamparini, Cairo e Tacopina. Soffermandosi sull'esperienza al Torino, permettimi la domanda: chi era all'epoca più giovane e inesperto? Tu o Cairo? I tifosi rimproverano al presidente che in 15 anni non ci sia mai stato un vero salto di qualità.
Seguo sempre le vicende del Toro perché quando si ha la fortuna di lavorare per un club del genere è impossibile che non ti resti nel cuore. Bisogna riconoscere a Cairo di aver costruito negli anni una società solida e sana. È un aspetto fondamentale e non troppo comune nel calcio di oggi, pensando soprattutto a dove Cairo aveva raccolto la società quasi 20 anni fa. Tuttavia, alla luce della storia e del blasone del club, è doveroso che i tifosi abbiano aspettative alte e da questo punto di vista ci si poteva aspettare di più. Pur nel rispetto dell’equilibrio economico-finanziario che è la bussola del modus operandi di Cairo dispiace vedere una società così confinata quasi ogni anno in un anonimato di centro classifica che finisce per frustrare le ambizioni della tifoseria.
A Venezia nel 2019 avesti l’intuizione di puntare su Alessio Dionisi, che al debutto in Serie B fece subito emergere le proprie qualità. Tu che conosci sia il mister, sia la realtà di Palermo, come vedi questo “sodalizio”? City Group è una garanzia, ma al terzo anno i tifosi chiedono la A…
Credo che Dionisi possa essere l’uomo giusto per il Palermo, indipendentemente da come andranno le cose sul campo. Quando lo prendemmo a Venezia capii subito che avrebbe potuto fare una carriera importante, come poi è avvenuto. Pur essendo molto giovane e al debutto in B lo ricordo come un allenatore già molto presente e partecipe della vita della società, poi negli anni è ovviamente cresciuto molto. Ritengo che l’esonero che ha subito a Sassuolo sia stato prematuro, perché c’erano ancora tutte le possibilità di salvare la squadra. Il Palermo ha scommesso sulle sue qualità e sulla sua voglia di riscatto. La scelta è coraggiosa, ma sarà stata sicuramente ponderata. Ci sono tutte le premesse affinché il Palermo viva una stagione da protagonista e lotti per la promozione dall’alto di un organico molto forte. Una cosa sulla quale non ha potuto contare negli anni scorsi Corini, che ha avuto a disposizione rose competitive, ma non in grado di “ammazzare” il campionato.
La tua carriera da giocatore decollò a Campobasso, dove debuttasti in B a 19 anni e disputasti tre ottime stagioni, prima della rocambolesca retrocessione. Dopo il ritorno in C il club quest’anno sembra voler fare le cose in grande. L'ingaggio di Braglia significa essere ambiziosi…
Sono molto contento che il Campobasso sia tornato tra i professionisti. Mi sembra che questa volta ci siano tutti i presupposti per restarci a lungo e magari anche per puntare a qualcosa di più. La società è solida, in città è tornato l’entusiasmo e in questo senso la scelta di puntare su un allenatore come Braglia è rassicurante. Stiamo parlando di uno dei tecnici più esperti e vincenti della categoria, nonché di uno dei più sottovalutati, a mio parere. Sicuramente il mister non avrebbe accettato la proposta se non ci fossero stati i presupposti per fare bene. Mi auguro che il club assecondi le ambizioni dell’allenatore.
A Bari vivesti invece un quadriennio esaltante dimostrando di poter stare in una A che all’epoca era il torneo più qualitativo del mondo. Pensi che i biancorossi quest'anno possano tornare protagonisti dopo due annate così ‘antitetiche’, nelle quali è stata prima sfiorata la promozione in A e poi rischiato il ritorno in C?
Sulla carta non mi sento di mettere oggi il Bari sulla stessa linea delle favorite che abbiamo citato prima. Come detto, però, le sorprese in Serie B sono sempre dietro l’angolo. Proprio il Bari ne sa qualcosa, perché la marcia di due anni fa stupì tutti in positivo, con quella promozione sfiorata da neopromossa pur non essendo tra le più forti, così come è accaduto in negativo lo scorso anno. Penso che si vada verso una stagione di transizione, nella quale provare a costruire qualcosa. Comunque aspettiamo di vedere quali saranno le ultime mosse di mercato, perché c’è ancora più di qualcosa da fare. La scelta di affidarsi ad un direttore esperto come Magalini è confortante. Il suo arrivo ha in parte placato il disappunto dei tifosi dopo una stagione così negativa.
La seconda promozione in A la conquistasti ad Ancona e fu memorabile compresa la cavalcata in Coppa Italia. Sei rimasto molto legato alla piazza e immagino ne avrai seguito le disavventure quest'estate. Purtroppo il club è andato incontro all’ennesimo fallimento, proprio dopo che Tiong aveva parlato di B e al termine di una stagione in cui si era provato ad alzare l’asticella. Per la ripartenza si è deciso di puntare su profili cari alla tifoseria e che tu conosci bene come Gadda e Guerini. Li hai sentiti? Perché ad Ancona non si riesce a trovare pace calcisticamente?
In effetti è difficile trovare spiegazioni razionali per le sofferenze e le delusioni che una piazza così importante è costretta a vivere ciclicamente. Il fatto è tanto più inspiegabile perché dal punto di vista imprenditoriale parliamo di una città con basi importanti, capoluogo di regione. È assurdo che non si riesca a costruire una società solida che assicuri stabilità nei campionati che competono ad una piazza del genere, quindi la Serie B o quantomeno l’ambito professionistico. Adesso bisogna ripartire ancora una volta, ma l’errore da non commettere è quello di avere subito l’ossessione di risalire ad ogni costo, di avere la promozione in C come unico obiettivo immediato. Il primo passo deve essere creare una società che abbia basi solide e che sia in grado di autogestirsi, proprio per evitare di scomparire ancora. Una società come era la nostra, ben strutturata e con persone valide ai posti giusti. Con un direttore sportivo come lo fu Castellani e un segretario come Bizzarri. Ho sentito Guerini in questi giorni e mi sono sentito di dargli proprio questo consiglio, ma solo in nome dell’amicizia che ci lega. Sono contento abbia accettato di tornare, conosce l'ambiente e non ha sicuramente bisogno dei miei consigli.
In C è invece precipitato a sorpresa l'Ascoli. Tu conosci bene l'ambiente avendoci lavorato in due periodi differenti, in A e in B. Nessuno, dopo buone annate tra playoff raggiunti e sfiorati, si sarebbe aspettato questo crollo. La tifoseria chiede certezze, ma il futuro è incerto e si rischia di andare incontro ad una stagione di transizione.
Quando si parla di una piazza come Ascoli, tanto più dopo una retrocessione così bruciante, è difficile parlare di stagioni di transizione. In effetti, però, il rischio c’è. L’estate è stata tribolata, il passaggio di proprietà ventilato alla fine non c’è stato e il mercato ha finito per risentirne. Potrebbe essere un campionato di passaggio, poi è chiaro che il Dna del club è quello di guardare in alto. Stiamo parlando di una società che ha fatto tanti anni di B e anche di A e per la quale ho avuto il piacere di lavorare proprio nella massima serie. La storia obbliga ad avere ambizioni, ma il primo obiettivo deve essere ritrovare solidità societaria.
Infine, e ringraziandoti, ti chiedo: che bilancio fai della tua carriera da calciatore? Il talento non ti mancava, ma gli infortuni ti hanno tarpato le ali. Guardando al presente invece cosa c’è nel futuro di Fabio Lupo? Hai detto di non avere fretta di rientrare preferendo aspettare un progetto interessante. Ci sono stati contatti in estate?
Il sogno di tutti i giocatori professionisti è quello di arrivare ai massimi livelli e di restarci, quindi è chiaro che avendo giocato solo tre campionati di Serie A qualche rimpianto è normale ci sia. Pero quando cammino per strada e vedo i bambini che giocano per la strada con negli occhi il sogno di diventare calciatori mi viene da dire che poteva anche andarmi peggio… La mia carriera purtroppo è stata segnata da due gravi infortuni che mi hanno impedito il salto di qualità. Mi riferisco soprattutto a quello della stagione 1988-’89, quando fui promosso in A con il Bari, che mi condizionò nell’annata seguente. In realtà poi mi ripresi perché con l’Ancona feci un buon torneo in A segnando sei gol, ma il “marchio” mi è rimasto per sempre e l’ho pagato in chiave mercato. Per quanto riguarda la mia carriera da dirigente sono contento di quanto ho fatto finora. Ho lavorato anche in Serie A per società come Ascoli e Torino, quest’estate c’è stato qualche discorso con club di B che hanno vissuto dei cambiamenti, ma alla fine sono state fatte altre scelte. Ci può stare, fa parte del nostro mestiere. Bisogna essere in grado di sfruttare questi momenti anche per fare autocritica. Ho quasi 60 anni, ma c’è sempre modo e tempo per migliorare. Permettimi di aggiungere che il nostro mestiere sta cambiando e sta prendendo una piega che non mi piace. Il ruolo del direttore sportivo sta perdendo sempre più peso nella costruzione di una squadra. In base agli ultimi risultati economici e tecnici del movimento italiano aggiungo che tale cambiamento non ha portato benefici. Non sono contrario a priori al ricorso a forme di conoscenza “moderne” come gli algoritmi, ma il rischio è che si perda di vista il legame con la competenza. Per noi è sempre più difficile incidere. Poi, però, quando si lasciano lavorare professionisti come Sartori all’Atalanta e al Bologna o Marchetti al Cittadella i risultati arrivano. Così come li vediamo al contrario in società dove, senza fare nomi, alla figura del direttore sportivo è dato un ruolo marginale o addirittura è inesistente.