Intervista esclusiva a Umberto Calaiò: "Calcio italiano in crisi? I talenti ci sono, bisogna lavorare su tre aree. Fiducioso per il nuovo Palermo. Su Catania, Messina e Trapani..."

Vincente a livello giovanile, disastroso con la nazionale A a Euro 2024. Qual è lo stato di salute del calcio italiano? Lo abbiamo chiesto a Umberto Calaió, uno dei massimi esperti a livello di giovani. L'ex direttore sportivo di Licata e Marsala, con un passato da agente Fifa e scout per diverse società di primo piano, si esprime anche sulle prospettive delle squadre siciliane in vista della nuova stagione.

Il calciomercato è iniziato ufficialmente solo da meno di due settimane, ma la nuova stagione già bussa alla porta. Le trattative stentano a decollare, a grandi livelli per la concomitanza di Euro 2024, mentre dalla B in giù spesso a mancare è la liquidità. Per affrontare questo ed altri temi, compreso il flop dell'Italia a Euro 2024 e il nostro studio sulla scarsa fiducia nei giovani talenti nostrani, la redazione ha intervistato Umberto Calaiò. Il fratello dell’ex attaccante del Napoli Emanuele è un profondo conoscitore della realtà calcistica italiana, maturata in vari ambiti: come agente Fifa, come osservatore e infine come consulente di mercato e direttore sportivo.

Calaiò, grazie per aver accettato il nostro invito. Non possiamo che partire dagli Europei e dalla disastrosa eliminazione dell’Italia. Subito dopo il flop è iniziata la caccia alle cause. Da addetto ai lavori con lunga esperienza, cosa c'è di vero in quello che si dice? “Troppa tattica nei settori giovanili”, “Troppi stranieri” e "Non si gioca più per strada". C'è anche un problema di scouting? Il Bologna ha dimostrato che anche con un budget ridotto si possono ottenere grandi risultati. In Italia mancano più le competenze o le risorse per un percorso simile?

Non ritengo che il tema scouting sia vincolante. Non è corretto neppure sostenere che manchino i talenti. Da ex agente e avendo lavorato nei settori giovanili dico che il fatto che non si giochi più per strada non è un luogo comune. Purtroppo è vero e ha il suo peso. In generale bisogna avere un modello di sviluppo guardando a tre macro aree. La prima riguarda l’accesso al calcio. Sono d’accordo con Marotta quando dice che il nostro sport sta diventando per ricchi. Bisogna smetterla con l’idea che per giocare bisogna pagare. Anche perché l’accesso al calcio oggi è già molto complicato per la presenza di tanti stranieri. Viviamo in un mondo globalizzato, i club sono società per azioni che prendono giovani dall’estero a basso costo. Molti ragazzi iniziano pensando sia facile arrivare in alto, poi ci si accorge che c’è poco spazio e facciamo i conti con il drop out. Poi c’è l’aspetto tecnico-formativo che spetta alle scuole calcio e ai tecnici. La tecnica quando si inizia a giocare deve essere messa al centro rispetto alla tattica. Infine, nei ragazzi bisogna crederci. Ci sono club come Atalanta e Empoli che hanno sempre avuto la politica di valorizzazione dei propri giovani e non bisogna smettere di farlo. Un tempo la filiera prevedeva che la A pescasse dalla B e la B dalla C. Oggi è diverso, molte società si sostengono con le plusvalenze, ma se si vuole crescere il talento va cercato nei nostri settori giovanili, perché ce n’è, come c’è in Serie C. È un problema di sistema, ma su due di queste aree si può lavorare a livello di Legge Melandri, rivedendo le percentuali dei diritti tv da destinare alle aree di sviluppo e ricerca. Detto questo, la decadenza del nostro calcio è relativa. I risultati a livello di Under 17 e Under 19 parlano chiaro. Il problema è che poi un ragazzo che vince un Europeo giovanile deve andare a giocare in prestito in Serie B dove magari non essendo di proprietà non viene valorizzato.

Venendo ai club, dopo due anni di transizione pensa che per il Palermo sia arrivato l’anno giusto per il grande salto, considerando che le entrate per i club saranno inferiori tra diritti tv e mutualità e che quindi proprietà come quella rosanero potrebbero avere meno concorrenza? E come giudica la stagione passata? Consolidamento o occasione sprecata?

Non ho dubbi sul fatto che il Palermo, prima o poi, andrà in Serie A. La proprietà è solida e ambiziosa e sarà solo una questione di tempo. Sarebbe già potuto accadere lo scorso anno, ma bisogna guardare avanti e va detto che in Italia non siamo abituati a progetti di questo tipo. City Group è una realtà consolidata in tutto il mondo, ma a livello di comunicazione hanno la propria strategia che può risultare difficilmente digeribile in particolare in una piazza del sud, dove c’è un’esigenza quasi “carnale” di sentire la voce della società e dei calciatori. I tifosi vanno “educati” affinché questo diventi un valore aggiunto. Per quanto riguarda la rosa che sta nascendo sono fiducioso. Dionisi è un allenatore propositivo e di valore, come molti toscani. Si è presentato bene, mi ricorda il primo Baldini. Ritengo sia il profilo giusto per valorizzare i giocatori che già c’erano e quelli che arriveranno. Vedremo cosa riuscirà a fare il ds De Sanctis, che è di fatto alla seconda vera esperienza in questo ruolo. Non avrà carta bianca assoluta perché ogni operazione deve essere condivisa con Bigon, ma ormai questo è un modus operandi di molte società.

Passando alla Serie C, quali prospettive vede in casa Messina? La situazione è fluida a livello societario, con la trattativa aperta per il passaggio di proprietà. Il tempo, però, stringe perché è già luglio inoltrato, i giocatori sotto contratto sono pochi e il nuovo ds è stato appena nominato. Pavone e Modica si conoscono e vedono il calcio in maniera simile, può essere buon punto di partenza. Tra l’altro per il ruolo di ds era stato fatto anche il suo nome…

Le confermo che c’è stata la possibilità di andare a Messina. Il mio unico contatto è stato con il dottor Provenzano, con il quale ho lavorato a Marsala e che ha stima nei miei confronti. Se fosse arrivato come direttore generale il mio nome era insieme ad un altro paio per ricoprire il ruolo di direttore sportivo. Io avevo dato la mia disponibilità. Quanto al futuro del Messina sul possibile passaggio di proprietà so quello che esce sui giornali, ma qualora non si dovesse concretizzare le fortune della società continueranno a dipendere dalla generosità del presidente. La scorsa annata è stata per il Messina è stata la migliore dei tempi recenti, ma ad oggi purtroppo l’epoca d’oro della Serie A è lontana. Detto questo, Sciotto è un patron all’antica, come gli Anconetani e i Rozzi di una volta: pittoresco a volte, ma molto attaccato al club. Non ha mai fatto mancare l’impegno economico, ha sempre rispettato le scadenze e immagino così sarà anche quest’anno. Sul piano sportivo sarà tutto affidato a Pavone e Modica, che conosco da quando frequentammo insieme il corso di allenatore nel lontano 1999 e che ritrovai poi a Celano e a Cava.

La più attesa tra le siciliane nel girone C della prossima Serie C sarà però il Catania. Dopo la grande delusione dello scorso anno i primi passi della nuova stagione a livello di scelte per panchina e scrivania fanno pensare positivo...

Una piazza come Catania non può fare tornei anonimi. Dopo aver vinto in carrozza il campionato di Serie D si sognava il doppio salto, ma sono state sbagliate troppe scelte a partire dal primo allenatore. Tabbiani aveva fatto bene a Fiorenzuola, ma era alla prima esperienza in una grande piazza. Poi le cose non sono andate bene neppure con Lucarelli e ci sono stati anche problemi organizzativi fin dal ritiro. Alla fine è inevitabile che ciò che non va fuori dal campo si ripercuota sulla squadra. Poi in Coppa Italia è stato fatto un buon percorso che ha permesso di accedere ai playoff, ma in generale la stagione è stata disastrosa. Ecco, tornando al Messina spendendo il 25% di quello che ha investito il Catania la stagione è stata molto più positiva. Vediamo quest’anno, di sicuro le premesse sono buone. Toscano e Faggiano rappresentano il meglio per la categoria nei rispettivi campi.

Il terzetto regionale sarà completato da una matricola come il Trapani, che non sembra avere bisogno di assestamento dopo la promozione. Pensa ci siano le premesse affinché i granata recitino un ruolo di primo piano anche in Serie C?

Il Trapani è abbastanza indecifrabile. Il presidente Antonini è una vera "macchina da guerra", nel senso che è attivo su tutti i fronti, non limitandosi a fornire supporto finanziario. Possiamo dire che sia il vero frontman del club, ha già fatto investimenti importanti nelle strutture oltre che nella pallacanestro e possiede anche una tv privata. Sembra avere un’idea più definita rispetto a quanto successo lo scorso anno a Catania circa le modalità del passaggio dalla Serie D alla C. L’idea è quella di rafforzare la struttura dello scorso anno attraverso alcuni innesti e in questo senso l’arrivo di Fall è già incoraggiante. Tutto dipenderà da come la città risponderà all’entusiasmo del presidente. Antonini ha aspettative molto alte in vari settori, ma la piazza di Trapani non è Palermo e neppure Catania. Stiamo parlando di una città in cui si vive bene, ma dove il numero di spettatori non è mai stato così elevato neppure ai tempi di Morace quando si sfiorò la Serie A.

La sua carriera è stata finora molto variegata. Ha fatto l’agente, l’osservatore e il direttore sportivo, prima dell’ultima esperienza de opinionista tv per il TGS Palermo. Per finire, e ringraziandola per la disponibilità, Calaiò, le chiedo cosa c’è nel suo futuro professionale?

Ho visto l’attività da opinionista come un’opportunità, anche perché non amo stare fermo e mi piaceva l’idea di lavorare nel calcio con un altro ruolo. Oltre alla Serie B seguiamo anche i tornei di C e D, è una bella esperienza perché è un lavoro che mi dà molta adrenalina unendo le mansioni di scout e di direttore sportivo e mi permette di analizzare le avversarie delle squadre siciliane, lavorando anche su dati e statistiche. Certo, il campo e lo spogliatoio mi mancano, ma comunque il mio impegno in tv non mi impedirebbe di tornare a lavorare per un un club, qualora ci fosse un’opportunità allettante. Quest’anno intanto lavorerò anche per l’Athletic Club Palermo, quella che è di fatto la seconda squadra cittadina che milita in Eccellenza e disputa le partite casalinghe al Velodromo Borsellino. Ci sarà molto da lavorare anche se la struttura è già a un livello diciamo semi professionistico, ma sarà stimolante.