Conte: "Tornare alla Juventus? Puoi sognare di sposarti un'altra volta, ma..."

Antonio Conte è stato ospite di un evento organizzato dall’Università del Salento, dove ha ricevuto il premio “Sport Soft Skills”. Ecco di seguito le parole dell'ex tecnico tra le altre di Juventus, Inter, Tottenham e Chelsea su vari argomenti, tra qui quello legato al suo futuro

Nell’Aula Magna di Giurisprudenza dell’Università del Salento, Antonio Conte ha preso parte all'evento “L’allenatore nel calcio” e ha parlato di passato, presente e futuro. Tanti gli argomenti trattati dall'ex commissario tecnico della Nazionale Italiana: dalla carriera da calciatore fino alla possibilità di ritornare sulla panchina della Juventus in futuro. Ecco di seguito le parole dell'ex tecnico tra le altre di Juventus, Inter, Chelsea e Tottenham.

Conte tra passato, presente e futuro: il racconto del tecnico salentino

Antonio Conte si è raccontato, rispondendo a diversi temi proposti, presso l'UniSalento per partecipare ad un evento organizzato dalla facoltà di Giurisprudenza. Ecco di seguito le sue parole:

AFFERMARE I PROPRI IDEALI IN UNO SPOGLIATOIO - "La cosa più importante, oltre allo studio e alle conoscenze tattiche, è la gestione ma non solo dei giocatori ma anche dell’intero staff: tecnico, medico che reputo fondamentale. L’aspetto della comunicazione è molto importante, specie prima delle conferenze e avere persone che ti consigliano come porti è di grande aiuto. Ma non solo: c’è anche il tifoso, che bisogna ascoltare e accontentare".

RICORDO DI MAZZONE - "Fascetti e Mazzone mi hanno insegnato il bastone e la carota. Ci sono momenti in cui bisogna essere più empatici e altri in cui bisogna essere bravi a gestire l’entusiasmo, a non sottovalutare gli impegni, a rimanere sempre sul pezzo".

TRAPATTONI E LA JUVENTUS - "Senza Trapattoni probabilmente non sarei rimasto per 13 anni nella Juventus. Sono arrivato nel 1991 da Lecce e prima di andare a Torino era tutto perfetto: giocavo nella squadra della mia città ed ero con i miei amici. All’esordio con la Juventus, in un’amichevole contro il Monaco, abbiamo perso 1-0 per colpa mia, per un retropassaggio sbagliato a Tacconi. Il primo anno a Torino fu veramente difficile. Quello sbaglio lo ricorderò per sempre, fu un mio fallimento. Una parte del percorso. Lì capì tante cose perché quel momento mi fortificò. Dopo quell’errore, incontrai per caso Trapattoni e mi chiese: ma stai ancora pensando a quello sbaglio? Per me Torino era fuori dalla zona di comfort. Il primo anno a Torino non giocai molto e i primi mesi furono difficili. Fu un rischio perché uscivo dalla zona di confort della mia città. Spesso mi chiedevo se fosse la scelta giusta ma non volevo tornare da sconfitto Mi dicevo: ma chi me l’ha fatta fare? E invece sono stato anche capitano della Juve. Nella vita è importante non mollare".

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VOTO DA CALCIATORE E ALLENATORE - "Come calciatore mi sono dato 8. Non ero un fenomeno ma tramite il lavoro e la perseveranza sono arrivato a buoni livelli. Non mi aspettavo di giocare per così tanto tempo nella Juventus o di arrivare in Nazionale. La mia prestazione la dovevo fare tramite corsa, qualità d’inserimento, sacrificio. Da allenatore, invece, mi riconosco quel talento che non avevo da giocatore . Sentivo una forte vocazione per l’insegnamento e allenare, dopo il ritiro, era quello che più volevo fare. A inizio carriera  dichiarai che probabilmente se non avessi allenato nel breve periodo un top club avrei subito smesso. Credevo tanto in me stesso ed ero convinto che prima o poi avrei raggiunto i miei obiettivi".

MOMENTO DI RIPOSO - "Dopo tanti anni, riuscire ad avere un periodo di pausa è importante perché ti permette di recuperare, di guardarti attorno. Le scomparse di Mihajlovic e Vialli mi hanno profondamente segnato. Spesso non viviamo il presente come vorremmo e invece va goduto a pieno in ogni momento".

FAMIGLIA - "A casa leader? Se non mi fanno arrabbiare, non sono io il leader e il lavoro mi porta a stare spesso fuori casa. Sicuramente il rapporto tra mia moglie e mia figlia è molto solido e di questo ne vado fiero perché è importante il confronto e il dialogo. Con loro sono molto tranquillo basta che non mi fanno arrabbiare. Se vedo che non c’è condivisione, invece, entro a gamba tesa".

ERRORE DI CUI SI E' PENTITO - "Sono tanti. Probabilmente in alcuni casi sarei dovuto essere più paziente, agendo con meno istintività. Nel mio percorso cerco di analizzarmi per cercare di migliorare come persona".

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POSSIBILE RITORNO ALLA JUVENTUS - "I matrimoni si fanno sempre in due, puoi sempre sognare e sperare di sposarti un’altra volta. L’importante è che ci sia condivisione di pensiero. In questo momento mi sto godendo il tempo libero che ho, continuo a studiare e guardarmi intorno per ampliare le mie conoscenze".

COMUNICAZIONE - "Oggi la comunicazione è diventata più importante dei fatti. Ci sono alcuni che attraverso essa riescono a sviare. Noi allenatori abbiamo una conferenza prima della partita e una dopo non solo ai media. Credo che il momento più importante sia quello con i componenti dello staff. Devi saper trasmettere qualcosa: è meglio una brutta verità che una bugia. Sono sempre stato diretto. Quando ero calciatore odiavo che mi venissero dette cose non vere. Alla lunga la verità paga sempre ed è questo ciò che più conta. Più la comunicazione è diretta e più ha effetti, sia nel bene che nel male. L’allenatore è un leader ed è in questi momenti che deve essere abile a gestire lo spogliatoio. Se il capitano sbaglia va fatto notare, indipendentemente dal ruolo che occupa. Questo aumenta la credibilità ma come ci vuole tanto per acquisirla basta poco per perderla".

RUOLO DELLO PSICOLOGO - "È un personaggio che nel mio team, quando c’è la possibilità, non faccio mai mancare: come per esempio all'Inter. È un ruolo particolare, a volte non di facile accettazione, specie da parte dei calciatori, ma se può essere d’aiuto per risolvere un problema è di grande aiuto".

DJOKOVIC - "Ho voluto incontrarlo perché avevo visto un paio di partite contro Alcaraz, e mi aveva colpito. Ho assistito alle Finals di Torino la scorsa settimana. È stato emozionante, un campione assoluto. Quando hai di fronte questo tipo di persone, ti trasmettono tutto il loro carisma e la loro passione Sono stato felice di poterlo conoscere, è una persona straordinaria, anche per il modo di intendere lo sport".

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LECCE - "Si stanno facendo le cose per bene, in maniera seria. Questo è molto importante perché se lavori bene hai un'ottima base. Stanno veramente lavorando molto bene il presidente, i dirigenti, Corvino, Trinchera, D'Aversa e staff. Stanno creando una base solida in modo da stare in maniera stabile in Serie A e piano piano alzare l'asticella. Sono contento per Roberto D'Aversa che è un amico. L'anno scorso è venuto a vedere gli allenamenti a Londra e per me è stato un piacere passare del tempo con lui. Si è creata una buona struttura con ragazzi entusiasti che lavorano bene. Quando c'è competenza i risultati arrivano sempre. Non lo dico perché Roberto è un amico, ma è un ragazzo con molto entusiasmo".

AVVENTURA IN PREMIER LEAGUE - "Le esperienze all’estero ti aiutano a crescere. Quando arrivi in un paese straniero devi essere cosciente di trovare culture e metodi di lavoro diversi. La prima cosa che mi colpì fu l’aspetto alimentare. Ho avuto l’accortezza di infondere le mie idee senza impormi, cercando di trovare un punto d’incontro con tutti. In Inghilterra il calcio è vissuto diversamente, specie dal punto di vista emotivo: c’è poco tatticismo difensivo. È divertente vederlo perché c‘è molto spettacolo da un punto di vista offensivo. Si ricerca molto lo spettacolo; in Italia invece c‘è molta più tattica ed è per questo che diventa un po’ più noioso da vedere. C’è una differenza netta. Ma, indipendentemente da questo, per un calciatore il passaggio in Italia è molto importante per crescere ed essere molto più preparato".