Intervista esclusiva a Rodolfo Vanoli: "Udinese, ripartirei da Cannavaro. Vi spiego il segreto del Lecce. Mio fratello Paolo? A Venezia capolavoro suo e dello staff"
La stagione calcistica 2023-'24 ha chiuso i battenti, ma prima di fare spazio a Euro 2024 è tempo di bilanci. La nostra redazione ha raggiunto l'ex difensore di Udinese e Lecce, nonché fratello maggiore dell'allenatore del Venezia neopromosso in Serie A. Il suo punto di vista sulla sofferta salvezza dei friulani, sul percorso dei salentini e anche sull'annata-no della Salernitana.
La Serie A 2023-’24 si è chiusa con la retrocessione del Frosinone, che nell’ultima giornata ha subito il sorpasso di Udinese e Empoli. I friulani hanno quindi scongiurato la discesa in B, mantenendo la categoria dove militano da 29 anni, seppur al termine di una stagione tribolatissima. Per inquadrare cosa non abbia funzionato in casa bianconera la nostra redazione ha raggiunto Rodolfo Vanoli, ex giocatore dell’Udinese, ma anche del Lecce, altra squadra che ha festeggiato la salvezza. È stata l’occasione per chiedergli anche un commento sull’impresa compiuta dal fratello Paolo, fresco di promozione in A sulla panchina del Venezia.
Ciao Rodolfo e grazie per aver accettato il nostro invito. Alla fine l’Udinese si è salvata, ma quanta fatica! Meriti a Cannavaro, ma dall’alto della tua esperienza cosa non ha funzionato con Sottil e Cioffi? Eppure, sembra che la conferma di Fabio non sia scontata...
L’Udinese ha vissuto un’annata storta nella quale è mancato soprattutto il senso di appartenenza. Dopo le difficoltà con Sottil hanno provato a dare un’identità puntando su Cioffi, ma le prestazioni non sono state all’altezza. Cannavaro ha avuto meriti evidenti. Sul piano psicologico è riuscito a liberare i giocatori che si sono sentiti più responsabilizzati, tatticamente ha capito che la squadra faticava a segnare e ha pensato di puntare sui due attaccanti di peso. Futuro? Udine è una realtà particolare per gli allenatori. Una volta Gino Pozzo mi disse ‘Io mando via gli allenatori, non i dirigenti’. Un tecnico che arriva ad Udine deve capire che oltre a portare le proprie idee deve rispettare i valori del club, come fecero Guidolin, Zaccheroni e Spalletti. Sarà fondamentale non sbagliare la scelta. Cannavaro deve ancora dimostrare il proprio valore in Italia, ma lo cambierei solo per prendere un allenatore con più esperienza. Altrimenti andrei avanti con lui.
Ben diversa è stata la stagione vissuta dal Lecce. Conoscendo bene Luca Gotti, ti aspettavi un impatto così forte sulla squadra? Cosa credi che serva sul mercato per cercare l’impresa mai riuscita della terza salvezza consecutiva?
Lecce è una realtà molto diversa da Udine. La società si appoggia molto su Corvino che è un dirigente estremamente capace. Inoltre il presidente Sticchi Damiani è un leccese doc, ben radicato nel territorio oltre che tifoso e queste cose lo spogliatoio le avverte. Anche qui si vede una differenza rispetto a Udine, perché Gino Pozzo vive in Inghilterra e fa inevitabilmente più fatica ad entrare nelle dinamiche dello spogliatoio. Quanto a Gotti, non era facile subentrare in quella fase della stagione, ma Luca è un bravo allenatore e un uomo intelligente. Lo conosco bene e posso dire che è molto cresciuto anche a livello tattico e tecnico. Lo ha dimostrando avendo coraggio nel passare dal 4-3-3 di D’Aversa ad un 4-4-2 con due punte centrali. Il resto l’ha fatto la spinta dei 40.000 tifosi, come da tradizione nelle piazze del sud. Adesso si faranno le valutazioni per il futuro, ma iniziare a lavorare fin dal ritiro sarà un vantaggio per Gotti che potrà cercare di trasferire subito la propria mentalità anche ai nuovi acquisti.
Tu conosci bene anche la realtà della Salernitana, dove hai allenato la Primavera nella scorsa stagione. Come spieghi il tracollo di quest’anno? La piazza è sempre molto calorosa, ma ha subìto le dinamiche di un’annata iniziata male fin dall’estate. E sembra essersi rotto qualcosa nel rapporto con il presidente.
Sono rimasto molto legato alla Salernitana e all’ambiente, dove sono stato trattato molto bene. Conoscendo Iervolino non penso che voglia lasciare da perdente e lo stesso vale per l’amministratore delegato Milan. Anche nel caso della Salernitana la stagione è partita male con la conferma di Sousa che voleva andare via e aveva anche parlato di nascosto con il Napoli. Poi non avendo trovato l’accordo era scarico mentalmente e a quel punto erano saltati gli equilibri interni. Poi con il ritorno di Sabatini si è tentato di ripetere il miracolo fatto due anni prima con Nicola, ma ogni allenatore ha la propria personalità. Dispiace per come sia finita perché la tifoseria è molto calda e appassionata come quella di Lecce. Vincere in Serie B non è facile, servirà una programmazione ben definita e idee chiare.
Non posso non chiederti un’opinione sul gran lavoro fatto da tuo fratello Paolo a Venezia. Ha raccolto la squadra sul fondo della B 18 mesi fa e ha inciso sotto tutti i punti di vista. Ritieni che arrivi in Serie A al momento giusto o che la gavetta sia stata troppo lunga e che il calcio italiano si sia accorto un po’ tardi delle sue qualità?
Secondo me il problema è che in Italia si smette di giocare e si comincia subito ad allenare. Ma non è così che deve funzionare. Quando si smette e si fa il corso di Coverciano non si può essere già pronti e avere la maturità che si sviluppa 10 anni dopo. Ricordo che quando andò Paolo in Russia per il suo esordio come primo allenatore gli dissi ‘Secondo me hai bisogno di uno staff vecchio', ovvero con persone con esperienza. Aveva fatto tanta gavetta, quella era la sua prima esperienza importante, ma fu subito in grado di vincere. Poi è arrivata la chiamata del Venezia. La situazione era molto difficile con la squadra in zona retrocessione. Ho assistito a diversi allenamenti del Venezia e posso dire che Paolo ha lavorato bene, con grande professionalità. La vittoria non è arrivata per caso, ma perché si è creata l’alchimia giusta a tutti i livelli. Mi riferisco allo staff tecnico, ma anche al ds Antonelli che aveva già vinto a Monza ed è stato bravo a fare da collante con la società americana.
Per concludere, tu hai allenato a lungo e vinto in Slovenia. La nazionale si è qualificata a sorpresa per Euro 2024, tornando alla fase finale di un grande torneo dopo tanti anni. La rosa è un mix tra giocatori affermati, come Ilicic, giovani e campioni come Oblak e Sesko. Al di là del percorso che farà in Germania la nazionale, che momento sta vivendo il calcio sloveno?
Conosco bene la realtà della Slovenia e in particolare quella del Koper, dove c’è ancora parte del mio staff. La nazione è piccolissima, ma ci sono strutture molto valide e si sa lavorare bene a livello di settore giovanile. La nazionale non è arrivata agli Europei per caso. In campionato hanno messo il tetto di tre stranieri proprio per favorire i giovani e i giocatori locali. Purtroppo in Italia siamo molto indietro da questo punto di vista. Tanti parlano di vivaio, ma pochi ci sanno lavorare veramente. Si pensa soprattutto alle sponsorizzazioni e a fare soldi. L’Atalanta è un’eccezione perché sanno trovare giocatori indigeni e c’è una rete di scouting. Il resto è merito del gran lavoro di Gasperini. Penso che il Bologna possa seguire questo esempio grazie a Sartori, che può ripetere la politica già attuata proprio a Bergamo.