Intervista esclusiva a Luigi Lavecchia: “Fiducioso per il nuovo Bologna, con Thiago Motta Juve da Champions. Gasperini e Ancelotti maestri, Mihajlovic un gigante. I giovani? Si dia più spazio al talento”

Euro 2024 ha sancito il trionfo di un “modello”, più che di una nazionale. La Spagna ha dominato grazie a un progetto che parte da lontano. Per provare a capire come il movimento italiano possa risollevarsi la redazione ha raggiunto Luigi Lavecchia, ex giocatore di Serie A e B, oggi istruttore presso l’Alghero Calcio, affiliata alla Cagliari Football Academy. Un’occasione anche per chiedere un parere sul nuovo corso di alcune sue ex squadre come Bologna e Juventus.

Calato il sipario su Euro 2024, dominato dalla Spagna dei giovani, le attenzioni degli appassionati di calcio sono rivolte al mercato e alla nuova Serie A. Ad un mese dal via la nostra redazione ha raggiunto Luigi Lavecchia. L’ex giocatore, tra le altre, di Juventus e Bologna è oggi commentatore televisivo oltre che talent scout e istruttore per la Football Academy di Alghero, affiliata al Cagliari. Insomma, uno che sa cosa voglia dire lavorare con i giovani. Per questo gli abbiamo chiesto cosa deve fare il movimento nazionale per ripartire. Oltre a un parere sui primi passi del nuovo corso dei rossoblù emiliani in vista dell'avventura in Champions League.

Ciao Luigi e grazie per aver accettato il nostro invito. Stiamo effettuando una mini-inchiesta per capire cosa non vada nel movimento italiano. Più di qualcuno ci ha detto quanto conti il fatto che non si giochi più per le strade e che nei settori giovanili si dia troppa importanza alla tattica piuttosto che alla tecnica. Sono concetti che hai ripreso in un tuo post su Facebook, nel quale parli però anche della mancanza di passione da parte dei ragazzi. Da tecnico che ha lavorato con i giovani in quale ordine di importanza metti questi fattori? Quanto i giovani mancano effettivamente, quanto non li sappiamo valorizzare e quanto loro non hanno più voglia di sacrificarsi?

A Torino mi è capitato di vedere oratori e giardinetti vuoti e ho notato la stessa cosa in Sardegna dove lavoro. Purtroppo è vero, una volta terminato l’allenamento i ragazzi non giocano più a pallone a differenza di quanto accadeva ai miei tempi. Così non va bene, perché se si vuole diventare calciatori due o tre ore di allenamento al giorno non bastano, a meno che non si sia fenomeni. Per quanto riguarda i settori giovanili, mi rifaccio a quanto ha scritto Dybala sul fatto che in Italia gli istruttori lascino meno libertà ai ragazzi rispetto a quanto accade in Argentina. Da noi il talento finisce troppo spesso in secondo piano rispetto alla tattica e questo vale nel paragone con il Sud America, dove invece i ragazzi crescono ancora per strada con un pallone tra i piedi, ma non solo. Ti riporto la mia esperienza da calciatore in Francia, dove ho giocato poco, ma ricordo che i giovani e anche giovanissimi venivano buttati in prima squadra, sia in formazioni top che in squadre di secondo piano. Del resto se le nazionali giovanili italiane hanno ottenuto i risultati che conosciamo vuol dire che il talento c’è.

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Che idea ti sei fatto del disastro dell’Italia a Euro 2024? Spalletti è sembrato andare in confusione sul piano tattico e ha cambiato forse troppo a livello di uomini e di moduli, ma contro la Svizzera ha sorpreso in negativo anche la scarsa combattività espressa dai ragazzi.

Non pensavo che l’Italia potesse andare così male all’Europeo, ma immagino di non essere l’unico. Senza entrare in disquisizioni tattiche mi limito ad osservare che la maglia della nazionale è pesante. Indossarla dev’essere un onore, invece all’Europeo non ho visto tanto attaccamento… Per dire, un giocatore come Gattuso avrebbe lottato fino al 95’ contro la Svizzera, invece ad un certo punto ci si è arresi. Il problema è sempre quello di cui discutevamo prima. Oggi è tutto diverso rispetto a qualche anno fa. I giovani vedono i social quasi come un punto d’arrivo, invece quei ragazzi del Mondiale o in generale quelli della mia generazione pensavano prima di tutto al campo e hanno fatto tanti sacrifici per arrivare in alto. Diamo tempo a Spalletti, ma fallire anche la qualificazione al Mondiale 2026 sarebbe gravissimo.

Tu sei rimasto molto legato a tutte le piazze in cui hai giocato, tra le quali il Bologna, dove hai vinto un campionato di Serie B in un’epoca che oggi sembra lontanissima. Dopo il grande exploit della scorsa stagione come vedi il futuro dei rossoblù? Confermarsi ai piani alti non sarà facile e ci sarà anche l’impegno della Champions. Come vedi la scelta di puntare per la panchina su Vincenzo Italiano?

Io ho fiducia per il futuro del Bologna. Sono sicuro che la cavalcata della scorsa stagione abbia accresciuto l’entusiasmo di Saputo. La scelta di Italiano per la panchina mi sembra giusta e Marco Di Vaio, che conosco bene, e Giovanni Sartori lavoreranno ancora bene insieme. Detto questo penso che ripetere quanto fatto lo scorso anno sarà molto difficile. Il problema non è tanto la cessione di Zirkzee o quella imminente di Calafiori. Piuttosto il fatto che tenersi dietro alcune grandi come accaduto la scorsa stagione non sarà semplice. Penso in particolare a Napoli e Roma. Ripetere un piazzamento Champions potrebbe essere difficile, ma secondo me il Bologna può ambire a un posto in Europa League. Sarebbe un ottimo traguardo.

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Un pezzetto del tuo cuore sarà sicuramente rimasto bianconero, essendo tu di Torino ed essendo cresciuto nella Juventus. Quanto credi sarà difficile per Thiago Motta cercare di vincere attraverso il gioco in un ambiente dove si è sempre data la priorità all’ottenimento dei risultati?

In effetti tecnici “giochisti” come Thiago Motta alla Juve non hanno mai avuto troppa fortuna. Penso a Sarri, ma anche allo stesso Ancelotti, che ho avuto la fortuna di avere proprio a Torino. Tuttavia se, come sono sicuro che accadrà, gli verrà dato il tempo di cui necessita sono sicuro che con Thiago la Juventus tornerà ad altissimi livelli. Più che assimilare il nuovo stile di gioco, che non penso sarà un problema, le difficoltà possono venire dall’assemblare tanti nuovi giocatori, ma sono fiducioso. Ti dico di più. Motta è un allenatore propositivo, sullo stile di Guardiola, e nel lungo periodo mi auguro che sotto la sua guida la Juventus possa tornare a fare strada in Champions League. Nel palmares dei bianconeri c’è troppa disparità tra i titoli vinti in Italia e le due Champions vinte. È ora di riequilibrare il bilancio…

La tua carriera è legata anche al Messina. In giallorosso hai giocato sia in B nell’anno della promozione che in Serie A. La società e la categoria oggi sono molto diverse, ma l’attaccamento della piazza resta lo stesso, così come l’affetto dei tifosi nei tuoi confronti…

Sono ancora in contatto con l’ambiente di Messina grazie ad alcuni miei ex compagni che lavorano in società come Alessandro Parisi o attraverso qualche ex dirigente. Non ho invece contatti con la società attuale. Messina è rimasta nel mio cuore anche perché ho avuto la fortuna di giocare in giallorosso in stagioni felici. Stiamo parlando di una squadra che non aveva quasi mai giocato in Serie A. L’emozione di vincere un campionato di B in un San Filippo che traboccava di entusiasmo e di salvarsi l’anno dopo resteranno per sempre nel mio cuore. Seguo ancora con trasporto le vicende della squadra.

Mentre in Europa dominava la Spagna, tu hai seguito quello che succedeva dall’altra parte del mondo nella Coppa America come commentatore tecnico per Sportitalia. Come sta il calcio latino-americano a due anni dal Mondiale che si giocherà proprio in quel continente? Alla fine ha vinto la favorita e il Brasile ha confermato il proprio torpore.

Ti faccio due paralleli. Il Brasile lo paragono all’Italia. Noi come loro dobbiamo darci una svegliata. Sono le nazionali che hanno vinto più Mondiali, ma oggi sono entrambe in difficoltà. Loro però hanno molti talenti quindi prevedo che a breve torneranno a primeggiare. L’Argentina invece non posso che legarla alla Spagna. Perché hanno vinto e hanno tutto per continuare a farlo. Per il resto è difficile dire quanto il calcio sudamericano stia effettivamente crescendo. Alla fine il torneo ha confermato i valori che ci si aspettava. La Colombia ha giocatori importanti. Penso a Luiz Diaz o allo stesso James Rodriguez che è un giocatore che ha fatto la differenza ovunque, anche se veniva da un momento di appannamento. Ripensando alle amichevoli che l’Italia ha giocato a marzo contro Ecuador e Venezuela senza entusiasmare e avendo viste queste nazionali in Copa America mi viene da dire che oggi il nostro livello non è molto lontano dal loro. Non so dirti chi si sia avvicinato a chi. Mi auguro che siano loro ad essere migliorate…

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Per concludere e ringraziandoti, una domanda-amarcord. Nella tua carriera sei stato allenato da tecnici che oggi vanno per la maggiore, come Ancelotti, che hai avuto da giovanissimo alla Juventus, e Gasperini, tuo mister nel settore giovanile dei bianconeri. Visto che da tecnico hai lavorato soprattutto con i giovani, sono questi i "maestri" ad averti lasciato qualcosa di più? O hai appreso di più da allenatori più esperti che hai avuto nella parte più matura della tua carriera?

Se devo fare tre nomi degli allenatori che mi hanno lasciato di più dico proprio Gasperini e Ancelotti su tutti, ma anche Sinisa Mihajlovic. Ancelotti lo vedevo tutti i giorni perché facevo parte della prima squadra, poi è chiaro che fu impossibile trovare spazio perché avevo davanti dei fenomeni. L’Ancelotti di allora era come lo vediamo oggi. Eccezionale nella gestione del gruppo, ma anche dal punto di vista tattico e delle strategie da attuare. Purtroppo in bianconero non è ricordato positivamente perché la squadra veniva dai grandi successi con Lippi e due secondi posti furono visti come fallimento. Di Gasperini, che ho avuto negli Allievi e nella Primavera, ricordo l’intensità e la grande attenzione per l’uno contro uno, che sono poi i principi del suo calcio anche oggi. Con Mihajlovic a Bologna conquistammo una salvezza straordinaria. Sinisa era molto preparato dal punto di vista tattico. Ricordo che provava ogni situazione di gioco prevedendo tutto quello che poteva succedere in partita, non lasciava nulla al caso. Inoltre era un gigante sul piano umano. È l’unico allenatore che abbia avuto che era giusto con tutti. Trattava i giovani con durezza o con dolcezza a seconda dei momenti, ma sapeva essere intransigente anche con il senatore.